mercoledì 24 novembre 2021

Salotto in... Biblioteca 14° incontro - 25/11/2021

 Biblioteca Leronni
La cultura che non c’era




Salotto in… Biblioteca
14° incontro (86°)


Quando > Giovedì 25 novembre 2021
A che ora > 19.00 precise
Dove > Municipio di Gioia del Colle – 1° piano - Sala “R. Javarone”

Libro della serata: 

«Col fucile del console d’Inghilterra» 

di Amin Maalouf (La Nave di Teseo)

In questo libro, Amin Maalouf scrive:

“Riconciliato con la sua infanzia,

pregava perché il mondo lo dimenticasse.”


È bene – ma non obbligatorio – leggere il libro prima.
Il Salotto in… Biblioteca, ideale proseguimento del Salotto
all’UnoTre, nasce da un’idea di Giacomo Leronni, che lo
conduce

Coconduttrice della serata: Silvia Capodiferro

In questi anni, al Salotto, abbiamo letto e commentato libri di: Abdolah,
Achebe, Aleksievič, Amis, Atwood, Auster, Benni, Berberova, Bernhard,
Bolaño, Borges, Bradbury, Brodskij, Brokken, Cain, Carrère, Cercas, Chiara,
Cohen, Condé, Corti, DeLillo, Desai, Dick, Djebar, Doctorow, Echenoz,
Golding, Gorz, Greer, Guerri, Gustafsson, Handke, Hesse, Highsmith,
Jelloun, Kadaré, Khadra, Kundera, Kureishi, Larsson, Lee, Lem, Lemaitre,
Lewis, Lobo Antunes, Magrelli, Magris, Mannuzzu, Maraini, Marías, C.
McCarthy, McEwan, McGrath, Mishima, Modiano, Munro, Murakami, Nafisi,
Némirovsky, Nooteboom, Oates, O'Brien, Ortese, Osorio, Oz, Paasilinna,
Robinson, Rodoreda, P. Roth, Saramago, Serrano, Soriano, Szabó,
Tabucchi, Thiong’o, Trevor, Vassalli, Wharton, Wiesel, Winton, Yehoshua,
Yourcenar, Živković, Zweig.

 


mercoledì 3 novembre 2021

Salotto in... Biblioteca 12° incontro - 04/11/2021

 Biblioteca Leronni
La cultura che non c’era




Salotto in… Biblioteca
12° incontro (84°)


Quando > Giovedì 4 novembre 2021
A che ora > 19.00 precise
Dove > Municipio di Gioia del Colle – 1° piano - Sala “R. Javarone”

Libro della serata:

«La porta» di Magda Szabò (Einaudi)

In questo libro, Magda Szabò scrive:


“... Dietro una spessa coltre di nebbia
c'era un'anima che brillava luminosa"
È bene – ma non obbligatorio – leggere il libro prima.
Il Salotto in… Biblioteca, ideale proseguimento del Salotto all’UnoTre, nasce da un’idea di Giacomo Leronni, che lo conduce

Coconduttrice della serata: Esther Celiberti

In questi anni, al Salotto, abbiamo letto e commentato libri di: Abdolah, Achebe, Aleksievič, Amis, Atwood, Auster, Benni, Berberova, Bernhard, Bolaño, Borges, Bradbury, Brodskij, Brokken, Cain, Carrère, Cercas, Chiara, Cohen, Condé, Corti, DeLillo, Desai, Dick, Djebar, Doctorow, Echenoz, Golding, Gorz, Greer, Guerri, Gustafsson, Handke, Hesse, Highsmith, Jelloun, Kadaré, Khadra, Kundera, Kureishi, Larsson, Lee, Lem, Lemaitre, Lewis, Lobo Antunes, Magrelli, Magris, Mannuzzu, Maraini, Marías, C. McCarthy, McEwan, McGrath, Mishima, ModianoMunro, Murakami, Nafisi, Némirovsky, Nooteboom, Oates, O'Brien, Ortese, Osorio, Oz, Paasilinna, Robinson, Rodoreda, P. Roth, Saramago, Serrano, Soriano, Tabucchi, Thiong’o, Trevor, Vassalli, Wharton, Wiesel, Winton, Yehoshua, Yourcenar, Živković, Zweig.

lunedì 19 luglio 2021

Date Salotto in... biblioteca Autunno 2021

 

Un promemoria per il prossimo autunno quando comincerà il quarto ciclo del Salotto in… biblioteca proposto da Giacomo Leronni,  provvisoriamente online a causa della pandemia. 

Di seguito il calendario degli appuntamenti previsti per il periodo settembre-dicembre 2021, che ci auguriamo possano essere svolti in presenza.

---

Biblioteca Leronni

Salotto in… biblioteca

Comunicato ufficiale

Si comunicano le date ufficiali e i libri del quarto ciclo (20°) di incontri del “Salotto… in biblioteca”, ideato e condotto da Giacomo Leronni, che prosegue l’esperienza, condotta dal 2012 al 2019, del “Salotto all’UnoTre”. Il periodo di riferimento è settembre-novembre 2021:


N.

DATA

AUTORE

LIBRO

EDIZIONE

12 (84)

30/09/21

Kader Abdolah

Scrittura cuneiforme

Iperborea

13 (85)

28/10/21

Magda Szabó

La porta

Einaudi Tascabili

14 (86)

25/11/21

Amin Maalouf

Col fucile del console d’Inghilterra

La nave di Teseo

Gli incontri si terranno di giovedì, con inizio effettivo alle ore 20.15. Gli incontri si terranno in presenza qualora lo consenta, con assoluta sicurezza, l’evoluzione della situazione pandemica in atto. In tal caso, la sede degli incontri sarà la Bibioteca Leronni (via Stella Polare 15, Gioia del Colle). Qualora invece si sia costretti a proseguire con gli incontri online, come avvenuto negli ultimi mesi, saranno fornite, nel prossimo mese di settembre, apposite indicazioni.

Si coglie l’occasione per invitare tutti ad essere puntuali, in modo da consentire la chiusura degli incontri, al massimo, per le ore 22.30. Si ricorda inoltre che, per partecipare, è bene aver letto i libri di cui si parlerà, anche se gli incontri sono comunque aperti a tutti.

Buona lettura, dunque. E un particolare augurio di buone vacanze, nel nome della letteratura e nella speranza che i virus di ogni genere stiano alla larga…


Giacomo Leronni

 

 

lunedì 12 luglio 2021

Cecità (Josè Saramago) recSebAdd

 Salotto in Biblioteca del 25/06/2021 

«Cecità» di Josè Saramago

«La mia quarta di copertina» di Sebastiano Addabbo

«La letteratura è un’arte che mediante il linguaggio, rende il lettore compartecipe di una esclusiva esperienza interiore oltre che un appagamento estetico». È una recentissima definizione di arte letteraria dello scrittore Israreliano Abraham B. Yehoshua; definizione che utilizzeremo come chiave ermeneutica per descrivere l’impatto dirompente che riceve il lettore leggendo le invenzioni letterarie di Saramago contenute in «Cecità». Invenzioni individuabili da una parte nella sconvolgente trama narrativa dell’opera e dall’altra nella personalissima struttura sintattica elaborata dallo scrittore portoghese.
Cominciamo da quest’ultima: non si tratta del «flusso di coscienza» o del «monologo interiore» di Joyce, né delle estreme distorsioni grammaticali, oltre che sintattiche, dello scrittore Irlandese .
In Saramago la sintassi classica del discorso diretto o indiretto con verbi dichiarativi o meno è ordinatamente sostituita con criteri severi e logici ben presto individuati dal lettore (uso delle maiuscole iniziali in sostituzione dei “due punti” o delle “virgolette”).
E nel caso di «Cecità» dobbiamo aggiungere anche il ritmo della narrazione strutturato da un essenziale quanto scarno susseguirsi delle «voci» dei personaggi, la cui riconoscibilità è legata non da una indicazione onomastica ma dalla loro loro sostanziale identità di ruolo assegnato ad ognuno di essi dalla esaustiva e onnipresente voce narrante che commenta, giudica, analizza ogni azione e «voce» dei singoli personaggi coinvolgendo il lettore in un flusso narrativo incontenibile che non consente pause immediate di riflessioni.
In quanto ad «esclusività dell’esperienza» di cui parla Yehoshua – e si potrebbe aggiungere di “sgomenta esperienza”- l’obbiettivo è pienamente raggiunto dal nostro Autore.
Una progressiva e inarrestabile epidemia che diffonde tra la popolazione la privazione della vista: si può agevolmente immaginare come la più terribile delle sciagure che possa colpire il genere umano, con il conseguente impatto emozionale che il lettore riceve nel leggere ogni pagina del romanzo senza alcun spiraglio tranquillizzante, trasformando la stessa lettura in un’avvincente quanto angosciante esperienza.
Il lettore può rinfrancarsi soltanto concedendosi delle pause nella lettura; socchiudere il libro per qualche istante e ritrovarsi in una realtà che per una volta sembra rassicurarci, e ripetersi – No! questo non ci potrà mai accadere. Sicuramente prevarrà la solidarietà, l’aiuto del nostro prossimo, il soccorso delle Istituzioni, la compassione cristiana-.
Quindi riprendere a leggere e di nuovo accorgersi che tutte le nostre auspicate consolazioni, appena immaginate, sono completamente sconosciute alla trama del racconto, alla storia della comunità dei ciechi: nessuna pietà, lotta bestiale per la sopravvivenza, annientamento di ogni parvenza morale, sconfitta di ogni illusione.
Il ritorno insomma ad un belluino comportamento dell’uomo, con la completa dissoluzione di ogni «contratto sociale» posto a guardia della stessa Umanità.
Umanità, la cui possibilità di salvezza è riposta soltanto nella stessa onnipotente Natura che così come ha prodotto la terribile pandemia allo stesso modo potrà estinguerla.
Alla fine del nostro viaggio nella storia, richiudendo il libro, ci potremmo forse consolare pensando che è stata tutta una terribile finzione letteraria , oppure come ci ricorda Nietzsche il perpetuarsi per gli artisti «di una tensione creativa tendente sempre ad un desiderio di distruzione» .
 

 


Cecità (Josè Saramago) recLauAlb

Salotto in Biblioteca del 25/06/2021

«Cecità» di Josè Saramago


Cecità di Josè Saramago


Commento di Laura Albino

Una grande epidemia senza precedenti, colpisce un paese non identificato, tutti gli abitanti uno dopo l'altro si ritrovano con la perdita della vista, il mondo intorno a loro improvvisamente sparisce e, non avendo più punti di riferimento cadono in preda al panico senza che alcuni di essi abbia contezza dell'origine del male e della sua fulminea e progressiva espansione. Per una infezione di tale portata, l'unica profilassi da adottare da parte del Ministero della Sanità, è quella di mettere in quarantena tutta la gente contagiata. 
Una narrazione molto simile per la sua tragicità alla vicenda pandemica in cui la nostra popolazione mondiale è stata coinvolta in questi nostri giorni per la diffusione del Covid 19, un virus che sta sottraendo alla vita più persone senza alcuna distinzione di età, e mettendo ognuno di noi nella condizione spaventosa di combattere un nemico invisibile. La pandemia, nata dalla penna dello scrittore in forma pseudo-fantascientifica è di natura ben diversa in quanto ogni individuo colpito, viene privato della facoltà di vedere, gli viene sottratta quindi da un organo di senso vitale la luce degli occhi, una grande perdita simile al morire. I grandi disagi che nascono nei non vedenti sarebbero indicibili, perchè da una condizione di essere, di esistere, di occupare un posto nel mondo, di viverlo in tutta la sua pienezza, sono passati ad affrontare una realtà fatta di grandi sofferenze, di isolamento, di discriminazione sociale; ora sono uomini condannati a vivere nel nulla, nei loro occhi permane un bianco latte così intenso che li confonde e disorienta. Per poter agire, ora devono far leva essenzialmente sulla memoria, su tutte quelle risorse personali che richiamano le esperienze pregresse e ricostruire tra mille inciampi e difficoltà un nuovo mondo secondo la propria immaginazione. Il tempo e lo spazio sono diventati per loro inesistenti, la loro vita è radicalmente cambiata, sono entrati a far parte del mondo dei diversi, degli esclusi, dei cosiddetti anormali, e per poter comunicare devono acuire l'udito ed usare solo la parola verbale, ormai la gestualità e tanto meno le espressioni facciali non fanno più parte del loro esistere. 
Divenuti per la società gente in disuso, vengono relegati in una vecchia struttura abbandonata, una volta adibita a manicomio, un luogo che in tutto il suo grigiore, li tiene prigionieri senza alcuna assistenza sanitaria, senza alcun servizio di prima necessità, un luogo non luogo privo di ogni forma di aiuto. In esso vigono soltanto regole molto restrittive e dure da rispettare che non fanno altro che aumentare le ansie dei rinchiusi. Quell'ambiente, divenuto luogo dell'attesa e dell'incognita, fa di loro anime vaganti che si aggirano come fantasmi procurando in ogni movimento danni fisici a se stessi ed agli altri. 
Pur vivendo in comunità, nessuno chiama l'altro per nome, cercano di riconoscersi dal tono della voce, dal modo di esprimersi, una realtà molto precaria ed insostenibile dalla quale sembra non esserci alcuna via d'uscita. Hanno smarrito i propri familiari, parenti ed amici, hanno abbandonato gli oggetti personali, non hanno più nessuno accanto a cui poter fare riferimento, sono stati rinchiusi come un branco di bestie destinate ad una morte esistenziale, anche i sentimenti più veri e più belli nei confronti dei propri cari vanno svanendo. Con il passare dei giorni, presi sempre più dall'angoscia e dal dolore, in ognuno va crescendo ed emergendo la parte peggiore di se', una forza maggiore li spinge ad agire secondo i più bassi istinti che loro malgrado non riescono più a dominare. Persone di ogni età e sesso si azzuffano per impossessarsi di una misera razione di cibo, per uno straccio da indossare, per appropriarsi di un posto dove poter riposare. La precarietà in cui sono caduti, invece di presentarsi come occasione privilegiata per usare la propria logica, la personale ragionevolezza, e trovare condivisione nella stessa misera condizione, li rende ancora più egoisti e prepotenti nei confronti degli altri. Quel luogo un tempo destinato ad un vivere dolente, continua ad essere teatro di violenze e vessazioni sulle donne, vige la legge del più forte che li induce a compiere azioni spregevoli mettendo in atto la natura più brutale dell'essere. 
Ma, ci sarebbe da chiedere se per caso quegli uomini quando avevano tutte le facoltà per agire in tutta la loro autonomia abbiano avuto comportamenti diversi nei confronti dei propri simili, oppure hanno sempre perpetuato nella loro malvagità? Hanno mai prestato aiuto ai propri fratelli, hanno mai guardato negli occhi dei propri simili quando avevano occhi per vedere o si sono limitati a curare il proprio orticello. Anche ora permangono in quella cecità bianca come il latte che è scesa dal cielo come una manna in tutta la sua bellezza non riconoscono quel balsamo quale opportunità speciale per poter guarire le loro anime. Quel bianco come il latte è un richiamo alla rinascita, quella nuova condizione di vita è un invito a guardare il mondo e le cose con gli occhi dell'anima, perchè quegli uomini anche quando avevano il dono della vista non sono mai stati in grado di fermare lo sguardo su ogni cosa e attribuire ad essi il giusto valore: «È una vecchia abitudine dell'umanità passare accanto ai morti e non vederli». Cosa ricordava di quei quadri quel vecchio con l'occhio bendato dopo aver visitato una galleria d'arte? Tutto e niente, descriveva un dipinto dove faceva confluire in un unico insieme gli elementi costitutivi de «Il campo di grano» di Van Gogh, de «Il carro di fieno» di John Constable, de «La nascita di Venere» del Botticelli, «L'ultima cena”» di Leonardo e «Il quarto Stato» di Giuseppe Pellizza confondendo e mescolando il sacro con il profano. Ma chi possiede occhi deve avere la capacità di osservare perchè la differenza con il vedere è sostanziale. Se vogliamo sentirci vivi, dobbiamo umanizzare il nostro vivere che giorno dopo giorno cade sempre più nel vortice dell'indifferenza, dell'egoismo e della crudeltà, dobbiamo cambiare rotta se non vogliamo essere indotti alla cecità perenne che è simile alla fase conclusiva della vita: la morte dell'anima è peggiore della morte corporale. 
Leggendo l'intera vicenda di Cecità, non si può rimanere ciechi difronte al ruolo dell'unica vedente, che pur essendo dotata della vista si sente precipitare giorno dopo giorno nelle tenebre, «io che vedo, non posso continuare a vivere fingendo di non vedere», l'indifferenza è un sentimento che non le appartiene, ora deve volgere lo sguardo verso quella grande luce che illumina la strada maestra, non può continuare ad ignorare i bisogni di quei fratelli caduti in disgrazia, il suo non è un amore generalizzato che li abbraccia nel loro insieme, lei ama ognuno nella propria specificità, si rende loro disponibile e servile secondo le loro personali esigenze adattandosi ai loro umori, alla loro sensibilità, alla loro mentalità, per poter restituire ad ognuno la propria identità perduta.
La vera protagonista dell'intera vicenda quindi non è la pandemia della cecità che investe l'umanità, ma è il ruolo sublime dell'eroina giustiziera, della samaritana che indossato il grembiule del servizio cristiano, ha sopperito ai bisogni di ognuno, quella singola persona che con il suo sguardo ha saputo guardare molto lontano mettendo in pratica la grande virtù della carità ed il grande capitale di grazia e di amore di cui è portatrice, si è fatta parola viva e concreta di Gesù: ha dato da bere a chi aveva sete, da mangiare a chi aveva fame, ha curato colui che era ferito, ha vestito chi era nudo, ha ospitato in casa chi casa non aveva. Che quella donna non sia stata contagiata dalla pandemia della cecità viene giustificato dal fatto che i suoi occhi hanno sempre recato la vera luce, quella viva che sale dal profondo dell'animo. Il ruolo della vedente, è l'immagine vivente del Cristo Salvatore, un cuore compassionevole, che si crea scrupoli e titubanza al solo pensiero di tralasciare la minima pratica di aiuto a quegli esseri, si piega verso quei miseri abbandonati a se stessi per confortarli e sostenerli nelle loro necessità.
Grande è il messaggio che Saramago ci lascia con il suo scritto: «siamo tutti fratelli e tutti responsabili di questa umanità, soltanto con il sentimento di amore verso l'altro possiamo risorgere, siamo tutti «uomini del sottosuolo» come direbbe Dostoevskij, viviamo in un mondo fatto di disuguaglianze sociali, di ingiustizie, preferiamo rimanere vincolati alla schiavitù dei nostri vizi e delle nostre passioni rifiutandoci di vedere tutte le nefandezze che ammorbano il mondo, siamo tutti dei ciechi ostinati , preferiamo brancolare nel buio come fantasmi immergendoci in un mondo fatto di disuguaglianze sociali, di ingiustizie, perdendo di vista la grande luce. «Cecità», un grande romanzo che in forma allegorica compendia uno dei più grandi insegnamenti cristiani e mette in pratica l'ultimo comandamento che Gesù Cristo ha lasciato all'intera umanità: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». Siamo tutti fratelli e tutti responsabili di questa umanità, soltanto con l'aiuto scambievole, con quei sentimenti di amore verso l'altro possiamo risorgere, certo, la croce sembrerebbe molto pesante, la porta molto stretta per poterci passare, ma sono le uniche vie per rimanere nella luce.
Mi sorprende molto il fatto che il mondo cattolico, quando nel 1998 fu assegnato a Josè Saramago il premio Nobel per la letteratura, non abbia condiviso tale scelta. 
Povero mondo!!! Anch'esso colpito dalla Cecità.
 

 

mercoledì 23 giugno 2021

Salotto in... Biblioteca 11° incontro - 25/06/2021

 

 Biblioteca Leronni
La cultura che non c’era




Salotto in… Biblioteca
11° incontro (83°)

Quando > Venerdì 25 giugno 2021
A che ora > 20.30 precise
Dove > In videoconferenza sulla piattaforma Google Meet
Il link per accedere all’incontro, a partire dalle ore 20.30 è il seguente:

https://meet.google.com/tpz-hsvr-vbk

Libro della serata:

«Cecità» di Josè Saramago (Feltrinelli)

In questo libro, José Saramago scrive:

“Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo,
Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.”

Tutti possono collegarsi in videoconferenza utilizzando l’apposito link contenuto nell’email di invito. È bene – ma non obbligatorio – leggere il libro prima.

Il Salotto in… Biblioteca, ideale proseguimento del Salotto all’UnoTre, nasce da un’idea di Giacomo Leronni, che lo conduce

Coconduttrice della serata: Lilli Susca

In questi anni, al Salotto, abbiamo letto e commentato libri di:  

Achebe, Aleksievič, Amis, Atwood, Auster, Benni, Berberova, Bernhard, Bolaño,
Borges, Bradbury, Brodskij, Brokken, Cain, Carrère, Cercas, Chiara, Cohen,
Condé, Corti, DeLillo, Desai, Dick, Djebar, Doctorow, Echenoz, Golding,
Gorz, Greer, Guerri, Gustafsson, Handke, Hesse, Highsmith, Jelloun,
Kadaré, Khadra, Kundera, Kureishi, Larsson, Lee, Lem, Lemaitre, Lewis,
Lobo Antunes, Magrelli, Magris, Mannuzzu, Maraini, Marías, C. McCarthy,
McEwan, McGrath, Mishima, Modiano, Munro, Murakami, Nafisi,
Némirovsky, Nooteboom, Oates, O'Brien, Ortese, Osorio, Oz, Paasilinna,
Robinson, Rodoreda, P. Roth, Serrano, Soriano, Tabucchi, Thiong’o, Trevor,
Vassalli, Wharton, Wiesel, Winton, Yehoshua, Yourcenar, Živković, Zweig.

 

lunedì 7 giugno 2021

Nella casa dell'interprete (Ngugi Wa Thiong'o) recLauAlb


Salotto in Biblioteca del 27/05/2021
«Nella casa dell'interprete» di Ngugi Wa Thiong'o

 

 

Commento di Laura Albino 

 

Nella casa dell'interprete (Ngugi Wa Thiong'o) recLauAlbNgugi Wa Thiong'o, un drammaturgo, poeta, romanziere keniota, arrivato all'età di 74 anni, decide di raccontare nel suo memoriale «Nella casa dell'interprete», un periodo della sua vita molto tormentato in quanto si ritrova a doversi confrontare con personaggi e ambienti molto controversi alla sua posizione sociale, politica ed economica, ma nel contempo quel periodo risulta essere il più importante e significativo della sua esistenza. Nel suo scritto, semplice nella forma, ma dal contenuto prezioso, ci racconta non solo dei grandi disagi familiari dovuti alla povertà ed alla mancanza di una vera casa, ma soprattutto delle tristi vicissitudini che fin dalla sua nascita ha dovuto subire nel suo paese di origine per la presenza dei colonialisti del potere britannico che esercitavano sulle popolazioni abusi, incursioni, ingiustizie e maltrattamenti.
Una lunga narrazione in cui nel raccontare di sé, ci induce ad approfondire un nuovo capitolo di storia, quello della cosiddetta «Operazione incudine», anni molto feroci e tristi, che videro il Kenya teatro di forti repressioni da parte delle forze britanniche che arrestarono e deportarono nei campi di concentramento decine di migliaia di uomini. Ci vengono narrati in maniera chiara e particolareggiata i suoi quattro anni vissuti da adolescente, dal mese di gennaio del 1955 al dicembre del 1958, presso l'Istituto superiore «Alliance», un collegio vicino a Nairobi che ospitava ragazzi provenienti dalle diverse comunità del Kenya, una grande casa capace di accogliere giovani studenti senza alcuna distinzione di razze ed etnie, in essa ognuno veniva accettato e valorizzato perchè portatore della propria cultura, una scuola dove vige il massimo del rigore perchè fatta di regole molto rigide da rispettare, ma nel contempo risulta essere innovativa per l'importanza che attribuisce all'aspetto relazionale tra docenti ed allievi.
Un istituto di grande prestigio grazie alla dirigenza di un matematico londinese, Edwuard Carey Francis, costui, dopo aver insegnato a Cambridge, decide per pura missione, di abbandonare ogni certezza lavorativa e agiatezza per dedicare la sua vita al servizio degli altri, del suo istituto fa' un luogo finalizzato alla formazione di grandi professionisti e uomini di stato capaci di costruire il futuro del proprio paese sullo stampo di quello inglese. La scuola Alliance, oltre a vedere la presenza di bravi docenti, in essa non manca il continuo avvicendamento di considerevoli personaggi di grande cultura, figure regali, generali e considerevoli relatori che con le loro presenze e le disquisite relazioni contribuiscono ulteriormente a far trarre agli allievi grandi vantaggi non solo per la crescita intellettuale ma per l'acquisizione di nuovi stili di vita morale e comportamentale, una scuola che viene vissuta come un vero vivaio di relazioni umane che mira ad armonizzare l'essere in tutta la sua unicità. Per Ngugi, l'aver frequentato l'istituto Alliance, risulta essere la sua vera salvezza, non solo perchè in esso è al riparo dalle grandi rivolte che in quegli anni si andavano perpetrando nel suo paese, ma soprattutto per aver vissuto in un ambiente rilevante ed aver conosciuto e frequentato personaggi che hanno contribuito alla grande formazione e determinazione della sua personalità. Ha avuto bravi docenti capaci di sollecitarlo ad intraprendere lo studio di ogni materia, di ogni sapere grazie all'adozione di metodologie e strategie didattiche innovative, facilitanti e motivanti, il tutto affiancato all'esperienza di comportamenti che richiedono oltre al rispetto delle regole, anche l'uso delle buone maniere, la pratica dell'ordine e della pulizia personale.
I saperi che Ngugi va acquisendo sono tanti e, non sono fatti da un accumulo di date storiche e nozioni imparate a memoria, ma trovavano i loro fondamenti nella logica delle cose, nei continui processi costruttivi sperimentati passo dopo passo attraverso il continuo confronto tra il proprio pensare e quello degli altri, il tutto, per poter giungere alla vera conoscenza, quanto di nuovo egli va imparando nulla rimane in passivo, ma lo integra sulla base delle conoscenze regresse. Grande è la sua perspicacia, la sua ricettività nel saper perfino individuare con immediatezza persone propositive e concrete capaci di proporsi con teorie innovative e aperte al confronto, Ngugi di ogni insegnamento non solo ne fa tesoro per se stesso, ma lo trasmette ai suoi compagni nella stessa maniera di come lo ha appreso quasi a voler verificare l'efficacia del metodo di insegnamento-apprendimento appena sperimentato. Ngugi, un ragazzo straordinario, che sia pur facilmente influenzabile, è in grado di saper valutare e scegliere quanto di buono e positivo gli viene proposto, difficilmente si oppone agli altri, preferisce ascoltare per trarre da ogni parola il meglio per sé, anche dalle esperienze negative subite, quali il bullismo ed il nonnismo, pur sconcertandolo, trae da essi alimento per il suo animo, per risvegliare i sentimenti di cordoglio, di empatia verso i più deboli e gli indifesi vittime di atti inaccettabili.

Ngugi è una identità in continuo perfezionamento, per riappropriarsi di una vera libertà e rendersi indipendente e responsabile, partecipa attivamente ad attività di volontariato per guidare gruppi di giovani, frequenta i boy scouts, la chiesa, facendone di questi ambienti lo scopo della propria vita perchè in essi trova una forte autorealizzazione e riconciliazione con se stesso, egli dice che ha imparato più dalle esperienze concrete, vale a dire da quelle extrascolastiche, che dai libri di scuola. Nelle ore di svago, ottimizza il suo tempo libero approfondendo con i compagni le materie studiate, in lui, giorno dopo giorno va crescendo il desiderio di conoscenze, è assetato di libri, ormai ne legge di ogni genere e riesce non solo ad innamorarsi di quegli autori stranieri per gli ideali combattivi, ma attratto da alcuni per il loro modo di essere, ne fa modelli di vita. Il suo intento è quello ormai di voler allontanare da sé quella cultura retrograda che gli appartiene, fondata essenzialmente sulla superstizione e sulla mistificazione delle cose, nasce in lui il grande bisogno di coltivare il culto di Dio, ma non di quel Dio divino e profeta, perchè il suo interesse alla religione non è quello di poter trarre vantaggi personali per essere sanato o santificato dalla dolce grazia del Vangelo o quello di voler conoscere il destino ultimo dell'uomo, ma vuole cercare i modi per avvicinarsi sempre più a quel Gesù storico di cui ha sempre sentito parlare. Si immerge così nelle letture della Sacra Bibbia, cerca l'avvicinamento a Cristo per poter imparare come mettersi al servizio degli umili e testimoniare attraverso le azioni e le manifestazioni di sentimenti positivi la propria fede.

L'istituto Alliance, una vera stazione di apprendistato un luogo fondamentale per la salvezza dei suoi allievi, una vera oasi nel deserto, una grande casa dove Ngugi ha trovato tutto, accoglienza, calore familiare, cibo, ha trovato campi da gioco per rinvigorire il suo corpo, aule colme di saperi per la sua mente, una chiesetta per redimere la sua anima, di ogni anno vissuto in quell'istituto ha potuto trarre grossi vantaggi per le lo sviluppo della sua persona, gli è stato rimosso tutto il materiale grezzo di cui era portatore, gli è stato tolto il “marciume” dell'ignoranza e forgiato di nuova materia, ora che il percorso formativo si è concluso presso l'Alliance, può ritornare nel suo nuovo mondo che grazie alla sua formazione lo potrà guardare con occhi diversi, deve concretizzare un suo sogno: quello di condurre sul suo stesso cammino di fede almeno una persona perchè quella conversione gli farà rimuovere ogni piccolo dubbio sul suo stesso credo; l'incontro tenuto con Lady Insegnante, le lunghe conversazioni intorno all'esistenza di Dio, le consentono ora di abbandonarsi al Credo senza alcuna ragionevolezza, ma solo e soltanto come atto di fede. Ancora una volta Ngugi ne esce un vincente perchè ha espletato una sua missione: quella di far convertire almeno una persona durante il suo percorso di vita. Nell'Istituto Alliance Ngugi, come Cristiano «Nella casa dell'Interprete», ha dovuto sostare per superare ogni prova, ogni ostacolo, per arrivare al raggiungimento di tutti gli obiettivi formativi che si possono rilevare dal breve discorso del grande Edwuard, tenutosi nell'ultimo giorno di scuola nel momento di congedo dai suoi allievi:

ANDATE PER IL MONDO IN PACE, SIATE CORAGGIOSI, ATTENETEVI A CIO' CHE E' BENE, RAFFORZATE I DEBOLI DI CUORE, SOSTENETE I DEBOLI, AIUTATE GLI AFFLITTI ONORATE TUTTI GLI UOMINI, AMATE E SERVITE IL SIGNORE.





domenica 23 maggio 2021

Salotto in... Biblioteca 10° incontro - 27/05/2021

 Biblioteca Leronni
La cultura che non c’era




Salotto in… Biblioteca
10° incontro (82°)



Quando > Giovedì 27 maggio 2021
A che ora > 20.30 precise
Dove > In videoconferenza sulla piattaforma Google Meet
Il link per accedere all’incontro, a partire dalle ore 20.30 è il seguente:

https://meet.google.com/tpz-hsvr-vbk

Libro della serata:

«Nella casa dell’interprete» di Ngugĩ Wa Thiong’o (Jaca Book)


In questo libro, Ngugĩ Wa Thiong’o scrive:
«Confrontarmi con questi ricordi non mi ha aiutato
ad attenuare il dolore né ad attutire l’umiliazione.»
Tutti possono collegarsi in videoconferenza utilizzando l’apposito link contenuto nell’email di invito. È bene – ma non obbligatorio – leggere il libro prima. 
 
Il Salotto in… Biblioteca, ideale proseguimento del Salotto all’UnoTre, nasce da un’idea di Giacomo Leronni, che lo conduce

Coconduttrice della serata: Anna Maria Forcillo

In questi anni, al Salotto, abbiamo letto e commentato libri di: Achebe,
Aleksievič, Amis, Atwood, Auster, Benni, Berberova, Bernhard, Bolaño,
Borges, Bradbury, Brodskij, Brokken, Cain, Carrère, Cercas, Chiara, Cohen,
Condé, Corti, DeLillo, Desai, Dick, Djebar, Doctorow, Echenoz, Golding,
Gorz, Greer, Guerri, Gustafsson, Handke, Hesse, Highsmith, Jelloun,
Kadaré, Khadra, Kundera, Kureishi, Larsson, Lee, Lem, Lemaitre, Lewis,
Lobo Antunes, Magrelli, Magris, Mannuzzu, Maraini, Marías, C. McCarthy,
McEwan, McGrath, Mishima, Modiano, Munro, Murakami, Nafisi,
Némirovsky, Nooteboom, Oates, O'Brien, Ortese, Osorio, Oz, Paasilinna,
Robinson, Rodoreda, P. Roth, Serrano, Soriano, Tabucchi, Trevor, Vassalli,
Wharton, Wiesel, Winton, Yehoshua, Yourcenar, Živković, Zweig.

giovedì 20 maggio 2021

Cinque anni insieme



Sono trascorsi cinque anni dalla nascita del gruppo facebook «Scrittori di Gioia», spazio di incontro, confronto, scambio di informazioni e notizie utili per scrittori/scrittrici gioiesi, a cui si è poi aggiunto l'omonimo blog, per permettere una fruizione parziale dei contenuti anche a chi non usa i social. 

Ad oggi siamo arrivati a 113 iscritti, tra scrittrici, scrittori, poeti, operatori culturali e semplici curiosi, in maggior parte nativi di Gioia, ma anche provenienti da altri paesi e in qualche modo legati a Gioia, invitati direttamente da me o proposti dagli altri componenti; una crescita incoraggiante, che non punta ai grandi numeri. Ringrazio tutti gli iscritti e coloro che hanno dato fiducia a questo progetto nato un po' per caso, per mettere insieme online le scrittrici e gli scrittori gioiesi, in un tempo in cui non potevamo neanche immaginare quanto un giorno sarebbe stato prezioso anche quel contatto virtuale per farci sentire vicini, in attesa di tempi migliori.

Avrei voluto scrivere un articolo celebrativo come quello del 2018, che vi invito a rileggere per ripercorrere la storia e le motivazioni della nascita di questo gruppo, ma in questa occasione preferisco limitarmi solo a un breve nota per ricordare questa ricorrenza; tante sono le cose che vorrei scrivere e rischierei per la fretta di dimenticare qualcosa.

Nelle prossime settimane spero di riuscire finalmente a mettere online l'aggiornamento dell'Archivio autori gioiesi, un database in continua evoluzione delle opere degli autori e autrici gioiesi pubblicate a partire dal 1950 circa, la cui precedente versione risale ormai al 2018.

Fin dalla nascita del gruppo qualcuno aveva proposto di poterci incontrare di persona, almeno in parte; mi auguro che potremo realizzare questo desiderio prima o poi, conoscerci, abbracciarci e dialogare di persona, poter vedere finalmente i volti celati dietro le mascherine o i nickname dei social.
E magari pensare insieme anche a qualche iniziativa concreta da realizzare come gruppo.
A presto.





venerdì 30 aprile 2021

Il signore delle mosche (William Golding) recSebAdd

 

Salotto in Biblioteca del 29/04/2021 
«Il signore delle mosche» di William Golding

«La mia quarta di copertina» di Sebastiano Addabbo

Quando è lo stesso autore che ci offre un’esegesi della propria opera, come Golding fa in una conferenza tenuta alla Università della California nel 1962, il lettore – quello più attento –non può non tenerne conto in ogni sua riflessione, non fosse altro che per il reverenziale rispetto che si deve ad un Premio Nobel per la Letteratura; ma è lo stesso Golding che nel concludere il suo commento concede uno spiraglio interpretativo quando afferma: «Una volta pubblicati ,i libri diventano maggiorenni e l’Autore non ha più autorità su di loro.»
Nonostante questa “concessione" resta intatta la necessità di doverci comunque confrontare con le sue analitiche riflessioni.
Incominciamo dal titolo stesso della conferenza : «È compito ingrato raccontare una favola» .
Golding sembra definire la propria opera una favola, confondendo immediatamente il lettore il quale sarà indotto erroneamente ad associare il romanzo ad un genere letterario la cui specificità è un intento consolatorio e moralistico; e ancor peggio, sarebbe assimilarlo al canone fiabesco perché Golding non offre nessuna traccia di intenzione formativa né tantomeno di elevazione morale.
E allora cerchiamo in primis di classificarlo questo romanzo: appartiene alla narrativa psicologica? A quella allegorica? Al romanzo a tesi? Alla letteratura per giovani adulti? Allo scenario letterario distopico?A quest’ultimo senza dubbio ma non certamente assimilabile al generico significato che si tende a dare alla utopia negativa: mondi futuri fantastici con scenari apocalittici ed asfissianti.
Nell’opera di Golding invece siamo difronte alla descrizione, potremmo dire «realistico» - e si potrebbe azzardare un neologismo: romanzo «realdistopico» - di un esperimento di laboratorio letterario inteso a dimostrare il totale fallimento del tentativo del consorzio umano di intraprendere un cammino di convivenza «civile» capace cioè di superare e sconfiggere il male che è invece connaturato inesorabilmente alla natura dell’uomo; quest’ultima è la tesi di Golding che con estrema incisività lui stesso così riassume :«L’uomo produce il male come l’ape produce il miele.»; sembra riecheggiare il grido blasfemo del Satana miltoniano: «Male , sii tu il mio Dio».
La convenzione letteraria utilizzata dall’Autore di identificare il consorzio umano con la storia di un gruppo di bambini e di adolescenti dispersi sopra un’isola, nulla modifica circa la concezione terribilmente pessimistica della natura umana che Golding ha maturato dopo la esperienza della seconda guerra mondiale ed in particolare delle atrocità naziste, rispetto alle quali sostiene con fermezza la inevitabilità del ripetersi in futuro.
La malvagità intrinseca dell’uomo dalla quale l’umanità mai potrà affrancarsi è efficacemente raccontata con maestria letteraria in questo racconto i cui protagonisti sono bambini e ragazzi appena adolescenti; paradigma di modello umano inteso a dimostrare la inutilità di ogni tentativo di liberare l’uomo dall’abbraccio terrificante del male al quale è inesorabilmente condannato.
Nessuna speranza nell’uomo ci concede Golding; forse nei bellissimi brani descrittivi della selvaggia natura dell’Isola sembra riporre un barlume di alba della civiltà nella illusione che almeno la Natura non c’inganni.

 

Il signore delle mosche (William Golding) recLauAlb


Salotto in Biblioteca del 29/04/2021 
«Il signore delle mosche» di William Golding
 
 


Commento di Laura Albino

Il libro si presenta con una doppia copertina, una riporta lo stampato di un ritratto in negativo e l'altra in positivo, uno in bianco ed uno in nero, la vista di un doppio antitetico lascia pensare al lettore che le tematiche trattate possano essere in contrapposizione tra di loro, in realtà è un romanzo in cui si incarna il grande enigma della natura del bene e del male che fino ai nostri giorni non è stato ancora risolto.
È un argomento che troverebbe il suo spazio anche all'interno delle mura scolastiche, meriterebbe di essere discusso tra allievi e docenti non solo perchè i protagonisti delle vicende sono esclusivamente ragazzi poco meno che adolescenti, ma soprattutto per i contenuti molto coinvolgenti che si prestano per essere affrontati sotto l'aspetto sociologico, filosofico e teologico, è un libro che si rivela quindi di alto valore formativo.
Lo scrittore ci racconta di un aereo che dopo essere stato abbattuto, prende fuoco e precipita su di un isola, non si conosce il numero delle persone che si sono salvate, Ralph, è una di esse, è un ragazzino di dodici anni che ora si aggira in quel luogo solitario e sconosciuto cercando un orientamento per poter capire dove sia finito. Tale nuova condizione gli si presenta giustamente come un grosso problema, perchè non riesce ad immaginare chi mai potrebbe salvarlo in quel luogo solitario.
Il primo bisogno che avverte, non è quello di soddisfare la sete e neanche la fame ma, come essere sociale, sente l'esigenza di avere accanto a se' un suo simile, e così con una grande conchiglia trovata nel mare, ne fa strumento di risonanza per richiamare l'attenzione di eventuali presenze, all'improvviso compaiono numerosi altri bambini nord europei, nati, cresciuti e formatosi nei collegi londinesi, sono tutti suoi coetanei appartenenti all'alta borghesia, si contraddistinguono nella loro cultura e nella loro civiltà tramite gli abiti che indossano e per come si rappresentano, sono tutti ragazzi che hanno già sperimentato le buone abitudini e tutta la positività, la bellezza e i vantaggi dello stare insieme, infatti si tratta di una corale. Ora Ralph intende creare una piccola struttura sociale autonoma per poter condividere democraticamente le esperienze che la nuova realtà potrà loro offrire, infatti le situazioni problematiche che si sono loro presentate sono tante da risolvere e sono anche al disopra delle loro capacità, pertanto indice un'assemblea all'interno della quale si propone come facilitatore del gruppo adottando civilmente tutte le regole riguardanti le dinamiche relazionali, per far sì che ognuno diventi membro attivo.
Divenuto leader dopo una votazione unanime, organizza dei sottogruppi per poter affidare loro le varie mansioni, una fra tante quella di accendere un grande fuoco sulla montagna con la speranza che vengano avvistati da qualche nave di passaggio. I ragazzi ripongono nel loro leader tutta la loro fiducia; lo rispettano, gli vogliono bene e si rivelano entusiasti, assumendo atteggiamenti di intesa, di condivisione, di cooperazione, di vera gioia e amicizia mentre lavorano insieme; tutto funziona come dovrebbe una buona società. Purtroppo la missione affidata a Jack, quella di procacciare nella foresta un animale con la finalità di sfamare il gruppo, risulta catastrofica in quanto nella sua impresa di caccia ha coinvolto anche i ragazzi che custodivano il fuoco sulla montagna distogliendoli dal loro incarico. L'aver abbandonato il fuoco e procurato conseguentemente il suo spegnimento, fa nascere in Raphal tanto risentimento nei confronti di Jack, ma quest'ultimo reagisce ferocemente contro il suo capo attaccandolo con la stessa forza e lo stesso impeto furioso che aveva adottato durante l'uccisione della sua preda. Questo episodio accende in lui un grande odio nei confronti dell'amico Ralph con il conseguente allontanamento dal gruppo. Con questa nuova situazione venutasi a creare, la comunità si va sempre più dissolvendo, non riesce a concretizzare più nulla di quanto si era pianificato, ora è venuta a mancare la piena collaborazione, ognuno si muove secondo il proprio piacimento lasciando spazio ad una vera e propria anarchia. Le incomprensioni si moltiplicano, il loro mondo reale che una volta era fondato sul ragionamento, sulla logica, sulla progettazione, sulla concretezza ora va svanendo, il lume della ragione va cedendo il passo all'irragionevolezza e ad azioni irrazionali, anche la loro fragilità fisica e mentale comincia a manifestare sentimenti di paura, l'ansia si va impossessando di loro, facendo emergere la visione di tutte quelle bestie, quei fantasmi e quelle ombre selvagge che abitano nella zona oscura ed infernale del loro inconscio.
Da quando Jack si è allontanato dal gruppo è diventato cacciatore spietato, il suo comportamento degenerato non è più ascrivibile alla sua età, va assumendo sempre più atteggiamenti primitivi e selvaggi e ha trasformato il suo gruppo in una vera tribù. Questo nuovo mondo, risulta per i ragazzini, affascinante e misterioso tanto che anche i loro giochi si trasformano in giochi macabri e tribali, e tutti sono finalizzati nell'aggredire i propri compagni che purtroppo la cecità in cui sono caduti glieli fa apparire come bestie e quindi tutte da eliminare. Jack ha istituito una società del male, quella che uccide il proprio fratello, tra Ralph e Jack grande è il conflitto, ora in campo c'è un buono, il perseguitato, ed un cattivo, il persecutore, tra i due non regna più la pace, tutto è andato in frantumi, non c'è più la parola, non c'è più l'ascolto, non c'è più comprensione ed immensa è la sofferenza di Ralph nel vedere i suoi amici così ridotti, purtroppo l'idea di creare una comunità felice ha visto il suo fallimento.
Ralph avrebbe voluto interagire fin da subito con ragazzi più confacenti per il loro agire alla sua persona, ma la legge del più forte, la legge del branco e quella del male sembrano aver avuto il sopravvento, e così per tutto questo Ralph è logorato dal dolore e dalla sofferenza perchè pienamente consapevole che non ci sarà salvezza né per lui e tanto meno per i suoi amici. Ora tutti i comportamenti di Jack, lo sconvolgono, in quanto le sue abilità di caccia non derivano da un potenziale creativo derivante dalla necessità della sopravvivenza, ma dal grande piacere che prova nell'indomabile accanimento irrazionale nel momento di uccidere, tutti atti violenti, macabri che lo entusiasmo e lo fanno sentire forte ed onnipotente.
A questo punto l'attenzione del lettore diventa più perspicace e si sente richiamato a porsi infinite domande: ma come mai per quei ragazzi provenienti da un ambiente sano, alto locato, ad un certo punto della loro vita, quella traiettoria di crescita sana che aveva determinato il loro ambiente di provenienza ad un certo punto viene a spezzarsi facendo deviare il percorso evolutivo? Forse quell'isola non era coincidente all'ambiente di provenienza ed ha causato in alcuni di essi una forte vulnerabilità comportamentale? Come mai quei giovani portatori di civiltà, di abitudini sane in un nuovo contesto hanno assunto comportamenti del tutto opposti? È stata la libertà assoluta ed incontrollata ad indurli al male? E perchè difronte a questa totale indipendenza i comportamenti sono stati diversi?
L'uomo nasce predestinato al bene o al male, oppure il male e il bene sono insiti entrambi nell'essere umano e poi, secondo il libero arbitrio egli può fare la sua scelta se protendere da una parte o dall'altra? Perchè un capo gruppo ha fatto emergere la parte migliore di sé mentre l'altro quella peggiore? Come mai Ralph non risponde al male con la stessa arma, ed anche dopo essere stato aggredito selvaggiamente e poi abbandonato non riesce a turbarsi? Il bene ed il male quindi sono volontà entrambe radicate in noi e che ci responsabilizzano nella loro scelta. Ralph è un buono, è un pacifico è un portatore di grandi virtù, le grandi sofferenze subite le tramuta con la sua sapienza in dolcezza e compassione giustificando le azioni del suo amico in quanto lo ritiene pur sempre un essere umano. Ma chi sono gli esseri umani se non coloro che sono amati e considerati da Dio suoi figli stringendo un rapporto di alleanza con Lui nonostante vadano perpetrando il male? Ma perchè poi solo Jack ha la piena consapevolezza di mantenere quel fuoco acceso, perchè lo ritiene di vitale importanza? Ma di quale fuoco allora lui parla? Di quello distruttore capace di divorare ogni cosa, oppure parla di quel grande fuoco potente e sempre vivo che si contrappone a quello devastante dimostrando di essere in grado di illuminare, riscaldare e rivelare la grande potenza di Dio che opera nella storia della salvezza di tutta l'umanità.
La lettura, per i tre quarti più o meno delle sue pagine scorre in forma molto fluida, tanto da sembrare un semplice racconto, ma alla fine della sua narrazione assume un grosso spessore letterario, il lettore all'improvviso viene sollecitato da uno scossone, è come se qualcuno gli dicesse Kum, svegliati, sono tanti i simboli pregnanti e ricchi di significati che ti offro, a te il compito di decodificarli e così tutto si rivela all'improvviso. Le vicende lette in tutta la loro allegoria di cui sono impregnate subiscono un sublime risvolto. Ancora una volta quell'eden che ha visto con la presenza degli uomini, la separazione e la lotta tra il bene ed il male, non fa mancare la presenza di Colui che salva e perdona.
Quel grande fuoco tanto agognato da Ralph e che occupa un posto rilevante in tutta la narrazione ora all'improvviso divampa nella foresta e si tramuta da distruttore in intervento Divino, l'arrivo di quell'uomo con la veste bianca e recante sul capo una corona simbolo della vita eterna, un'ancora simbolo di salvezza e oro simbolo della città Santa di Gerusalemme, si presenta loro come un Dio che non giudica le azioni e punisce, ma che le giustifica per celebrare con quelle anime perdute la Divina Alleanza: «Ci sono degli adulti...dei grandi con voi? Ve la state spassando... A che cosa stavate giocando? A una specie di guerra? Vi imbarcheremo tutti.» Dio ha detto “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra come vorrei che fosse già acceso”(Luca12,49). Ancora una volta, il Salvatore, sempre paziente, ha messo in atto tutta la sua bontà ed il suo amore per tutti i suoi figli. La salvezza è riservata non solo per quei giovani adolescenti caduti nel peccato ma a tutta l'umanità.

lunedì 26 aprile 2021

Salotto in... Biblioteca 9° incontro - 29/04/2021

 
Biblioteca Leronni
La cultura che non c’era




Salotto in… Biblioteca
9° incontro (81°)



Quando > Giovedì 29 aprile 2021
A che ora > 20.30 precise
Dove > In videoconferenza sulla piattaforma Google Meet

https://meet.google.com/icx-przv-zsn

Libro della serata:

«Il signore delle mosche» di William Golding (Mondadori)


In questo libro, Willian Golding scrive:
“… Forse essi sentivano di partecipare

                a un dolore universale.”

 
Tutti possono collegarsi in videoconferenza utilizzando l’apposito link contenuto nell’email di invito. È bene – ma non obbligatorio – leggere il libro prima. 
 

Il Salotto in… Biblioteca, ideale proseguimento del Salotto all’UnoTre, nasce da un’idea di Giacomo Leronni, che lo conduce

Coconduttore della serata: Franco Nettis

In questi anni, al Salotto, abbiamo letto e commentato libri di: Achebe, Aleksievič, Amis, Atwood, Auster, Benni, Berberova, Bernhard, Bolaño, Borges, Bradbury, Brodskij, Brokken, Cain, Carrère, Cercas, Chiara, Cohen, Condé, Corti, DeLillo, Desai, Dick, Djebar, Doctorow, Echenoz, Gorz, Greer, Guerri, Gustafsson, Handke, Hesse, Highsmith, Jelloun, Kadaré, Khadra, Kundera, Kureishi, Larsson, Lee, Lem, Lemaitre, Lewis, Lobo Antunes, Magrelli, Magris, Mannuzzu, Maraini, Marías, C. McCarthy, McEwan, McGrath, Mishima, ModianoMunro, Murakami, Nafisi, Némirovsky, Nooteboom, Oates, O'Brien, Ortese, Osorio, Oz, Paasilinna, Robinson, Rodoreda, P. Roth, Serrano, Soriano, Tabucchi, Trevor, Vassalli, Wharton, Wiesel, Winton, Yehoshua, Yourcenar, Živković, Zweig.

sabato 27 marzo 2021

Il colpo di grazia (M. Yourcenar) recSebAdd



Salotto in Biblioteca del 25/03/2021
«Il colpo di grazia» di Marguerite Yourcenar

«La mia quarta di copertina» di Sebastiano Addabbo

Italo Calvino, nell’appendice di “Lezioni americane”, ci ricorda della preoccupazione che dovrebbe avere un narratore di allontanare da se la molteplicità delle storie possibili e della necessità di isolare e rendere raccontabile la singola storia sottraendola dalla confusione con altri destini, altre vicissitudini, altri mondi.
Ebbene la Yourcenar nel suo romanzo sembra non tener conto delle considerazione dello scrittore italiano (e non poteva essere diversamente considerato che le indicazioni di Calvino sono state scritte nel 1987, ben cinquant’anni dopo il romanzo della scrittrice francese: ma si sa i Grandi dialogano tra di loro anche a distanza di Secoli).
La Yuorcenar infatti sembra voglia trascinarci in un labirinto d’intreccio narrativo nel quale è il lettore che con costante processo interpretativo deve scindere la storia generale, universale, della guerra civile in Curlandia del 1919 tra Russi bianchi e russi bolscevichi, dalle drammatiche vicissitudini dei personaggi costretti ad interagire con le loro storie personali, i propri sentimenti nel drammatico crogiuolo di morte nel quale sono immersi.
Sono sentimenti (amore,odio,vendette,tradimenti) tutti deformati, ambigui resi dall’Autrice difficilmente riconducibili a categorie ben definite e classiche: Eric von Lhomond è sopraffatto dall’amore per Sophie o invece è dilaniato dalle sue rancorose delusioni ideologiche che lo trascineranno in atti di veemente violenza verso il nemico bolscevico? e Sophie è una “Pasionaria” destinata ad un tragico destino o fragile donna disperata e senza speranze di felicità ? e Conrad de Reval ,fratello di Sophia e amico di Eric, è coinvolto nella tragedia della guerra civile per sincera convinzione ideologica o per seguire un sentimento di ambigua amicizia con Eric?
La Yourcener non ci dà risposte o se le indica dobbiamo scovarle ben nascoste nel flusso magmatico del suo stile di scrittura . Ci apre soltanto a squarci di luce con le sue innumerevoli e sorprendenti metafore ed aforismi quasi a voler indicarci dei moduli interpretativi del suo racconto o dei suoi ambigui e drammatici personaggi per i quali penso possano tutti essere caratterizzati da una drammatica “solitudine da naufraghi” come lo stesso Eric, forse in un estremo gesto d’amore per Sofia, confessa a se stesso : «Sarebbe stato bello ricominciare il mondo con lei, in una solitudine da naufraghi».